La notte del 21 marzo è morto Gino Donè, da tempo era malato e viveva ritirato. Fino alla fine ha cercato di proteggere i ricordi e la sua storia dalla spettacolarizzazione che i media ne avrebbero potuto fare. Era stato l’unico europeo a prendere parte allo sbarco del Granma, lo scafo con cui Fidel Castro e gli altri guerriglieri del movimento rivoluzionario avevano raggiunto Cuba per spodestare il dittatore Batista, nel 1956. Dopo quegli eventi Gino aveva avuto una vita intricata, aveva vissuto in vari paesi, si era infine stabilito negli Stati Uniti ed era rientrato in Italia solo pochi anni fa. Lo conobbi nel 2005 grazie ad alcuni amici friulani dell’Associazione Italia-Cuba. L’incontro non produsse un’intervista, Gino non la gradiva, ma un incontro umano molto speciale. Viveva di poco, presso la famiglia di una sorella, coi problemi di molti emigranti rientrati senza aver fatto fortuna. Se avesse voluto “sistemarsi”, avere una vecchiaia più comoda, avrebbe potuto offrire la sua storia a qualche editore importante o a una trasmissione televisiva. E’ quello che, ai nostri tempi, qualsiasi persona avrebbe probabilmente fatto al suo posto. Lui no. E’ un messaggio che fa riflettere, un gesto di resistenza sincera.
L’articolo su di lui che scrissi per Diario lo trovate nella sezione “Articoli”, basta scorrere verso il basso il cursore.