Non avevo mai visto Tokyo-Ga perché pensavo fosse una pippa intellettualoide di quel signore tedesco a me caro che risponde al nome di Wim Wenders. In effetti, l’idea di fare un documentario su di un regista giapponese attivo tra gli anni ’30 e ’60 del secolo scorso (sigh) che solo gli studenti di cinema, quelli diligenti, conoscono, è in linea di principio una pippa intellettualoide (secondo i miei parametri di p.i.). Però Tokyo-Ga è un film che distilla poesia in immagini e ci trasmette l’amore sincero per il cinema di Yasujiro Ozu, un regista fuori-classe. Riconoscere, con più di vent’anni di ritardo, i propri errori, è curativo. Ringrazio un tipo croato che ha caricato su YouTube tutto Tokio Ga in nove episodi di 10 minuti, la qualità è più che discreta e le pause tra uno spezzone e l’altro possono servire per commentare con chi ci sta accando, andare al bagno, bere un sorso di birra, verificare di non aver dimenticato da qualche parte la penna, che alla fine della giornata sembra sempre essere rimasta in un luogo diverso… Dopo aver visto Tokio Ga abbiamo deciso di recarci dal noleggiatore e cercare i film di Ozu. Ne avevano diversi, ne abbiamo avuti tre al prezzo di uno. Molti film di Ozu sono ambientati a Tokio e hanno dei temi ricorrenti: il rapporto genitori-figli, l’incontro-scontro tradizione-modernità, i treni (in ogni film appare almeno un treno in corsa), il morire. Tokio Story è il suo film più conosciuto e mi è rimasto addosso. Cioè, mi sono rimaste addosso le immagini che riproducono con una semplicità che coincide con la purezza il dialogo tra due persone, il coricarsi, il preparare la borsa per un viaggio, il silenzio che esprime incomprensione, quando esprime incomprensione.
Il caso non è mai casuale. Due giorni fa era arrivata sul mio tavolo la copia in dvd di Kirschblueten-Hanami, film della regista (nonché scrittrice) tedesca Doris Dorrie, Orso d’oro al Festival di Berlino nel 2008. Bibi ne parlava da tempo, di questo film, dopo averlo visto a una rassegna sul cinema tedesco all’Irish Film Institute. E aveva ragione. E’ un film che ti rimane addosso, come quelli di Ozu. E non è un caso. Dorrie ha voluto fare un omaggio a Tokio Story, adattando il tema del film di Ozu alla Germania di oggi. Un film a basso costo, girato in HD con con una troupe minimale e un approccio da mano sul cuore nel fare film. E’ stato distribuito in vari paesi ma non (ancora) in Italia.