La gentrification del bignè

Tornando a Berlino dopo quattro anni, con di mezzo i Mondiali di calcio e l’iniezione di soldi che hanno provocato, ho notato vari cambiamenti. Uno, in particolare, mi lasciava nelle prime settimane incredulo: la scomparsa della Windbeutel. La Windbeutel è un pasticcino, dove il diminutivo suona inadeguato viste le sue dimensioni da mangiafuoco goloso ma tant’è. E’ tipo un bigné ma più grande, aperto in due e pieno di panna montata, in alcune versione c’è una base di vaniglia ma non è la regola. Per avere un’idea non precisissima di ciò di cui sto parlando cliccate qui. Quattro anni fa vivevamo a Kreuzberg e c’era una pasticceria sulla Kottbusserdamm che produceva quotidianamente delle Windbeutel buonissime, ottime per combattere il freddo grigioso di quell’inverno. Ne bastava una ogni tre/quattro giorni e il tuo io infantilmente goloso di sapori da cartone animato ne era sazio. Ebbene, a distanza di quattro anni quella pasticceria non c’è più, non ci sono nemmeno il supermercato frequentato dai tedeschi e quello frequentato dai turchi, che distavano neanche cento metri l’uno dall’altro, è rimasto al suo posto invece il vero supermercato interculturale, Lidl. Ho cercato la Windbeutel in altre pasticcerie della zona ma senza fortuna: della mia pasta preferita nemmeno l’ombra. Ho cambiato zona, sono andato a Friedrichshain, il quartiere ex est che attrae molti turisti. Ogni volta che incrociavo una pasticceria buttavo uno sguardo all’interno: niente. Infine sono andato ad Alexanderplatz, all’interno della stazione c’è una pasticceria, e quattro anni fa in vetrina c’era lei, l’amata pasta, ma nemmeno qui l’ho trovata. Stanco e innervosito da questa strana scomparsa ho chiesto a una commessa: “Perché non c’è più la Windbeutel?”. Lei mi ha guardato come si guarda uno che è entrato in mutande in cucina pensando di entrare in bagno. “Non c’è. Lavoro qui da due anni e non l’ho mai vista”, mi ha risposto gelida.

Infine l’ho ri-trovata. Ho dovuto arrivare a Pankow, in un quartiere dove ci sono degli anziani, degli anziani soli con cane e delle coppie, con cane e senza, come è difficile vederne nei quartieri più centrali della città, quelli della vida berlinese più a la page dove l’età media è sotto i trent’anni. E’ gente che ha vissuto lì la caduta del muro e non si è spostata. In un forno/pasticceria che non a caso mi è stato indicato come “tipico dell’est” (della vecchia Germania Est s’intende), ho rivisto la Windbeutel. Il forno sembra lo stesso di venti o trent’anni fa, ha una vetrinetta che farebbe la sua figura in una mostra di antiquariato. L’allontanamento della Windbeutel dalle zone più centrali della città potrebbe essere una metafora delle trasformazioni urbanistiche che attendono, forse, Berlino. Se ne sente parlare, ne scrivono i giornali, l’idea che la città prima o poi perda quello che è rimasto della spontaneità degli anni ’80, lo spirito libertario di certi quartieri, in favore di ristutturazioni, di speculazioni edilizie uffici-negozi-ristoranti. Nei paesi anglosassoni hanno coniato un termine: gentrification, studiato e applicato prima su Londra – quartieri operai “occupati” dalla classe media – e poi da varie città Usa. Si presenta il tutto come recupero e “valorizzazione” ma in pratica si fanno salire i prezzi degli immobili e si obbliga i vecchi residenti a spostarsi e il centro diventa uguale a mille altri centri di metropoli. Chissà, intanto ho ritrovato la Windbeutel.

Anche questa volte invece di parlare delle cose che mi tolgono il sonno ho divagato. Il blog mi fa questo effetto.