La Svizzera campione, ma che confusione!

Questa notiziola mi era sfuggita, ma trovandola oltremodo interessante la recupero. Seguire le news troppo da vicino mi da’ il mal di testa, preferisco lasciare che le notizie sedimentino il loro precario significato; se qualcosa da dire l’hanno l’avranno anche dopo dei mesi, o no? Ok, questa è più un impegno che una reale pratica quotidiana ma ripetermelo mi fa sentire più intelligente. Ecco la notizia: lo scorso mese di novembre, in Nigeria, la Svizzera ha vinto il titolo mondiale U17 di calcio (maschile) battendo in finale i padroni di casa. La notizia che mi preme non è tanto questa ma il fatto che la formazione svizzera schierava giocatori di 12 origini diverse, ragazzi nati in Svizzera da genitori emigrati da paesi come Albania, ex-Yugoslavia, Cile, Tunisia, Italia, Ghana. Date le rinomate resistenze del paese dei cantoni nel rilasciare titoli di cittadinanza agli immigrati vien da credere che l’ambizione di successi calcistici abbia semplificato le procedure, almeno per i talentuosi giovani sportivi. La vittoria svizzera è resa ancora più significativa dal fatto che era la prima volta che la Svizzera partecipava a questa competizione. Se, come credo, lo sport e in particolare il calcio, sia oggi il principale luogo di (ri)elaborazione delle “identità nazionali” in un contesto di mobilità e migrazioni, il caso svizzero offre molti spunti di riflessione.

Tuttavia, proprio gli svizzeri non sembrano avere chiaro il significato dell’evento di cui sopra. Nelle pagine in inglese del sito dell’agenzia di informazione pubblica Swissinfo.ch si celebra la vittoria come una “Storia di successo multiculturale”. Peccato che la notizia venga riportata a questo modo (traduco): “La nazionale svizzera U17 deve il suo successo in Nigeria a giocatori di 12 paesi di tre continenti diversi e a un qualificato programma di formazione giovanile per i talenti svizzeri”. Nella pagina in italiano la notizia suona piuttosto diversa (sgrammaticature a parte), il titolo è “I volti di una nazionale multiculturale” e il testo il seguente: “La nazionale svizzera di calcio under 17 ha creato la sorpresa ai mondiali disputatisi in Nigeria, raggiungendo la finale. La forza di questa squadra risiede anche nella sua composizione: i giocatori sono infatti originari di ben 13 paesi diversi. Una diversità che rispecchia la Svizzera del giorno d’oggi”. La versione tedesca racconta un’altra storia ancora, avendo come titolo (sic) “U17 doppi cittadini”: “Il segreto del successo risiede in 12 paesi di tre continenti e in una formazione giovanile di prima classe”. Un po’ di chiarezza nelle traduzioni ma soprattutto nell’idea di “multiculturalismo” sarebbe opportuna.

 

 

Silvio, il take away

Camminando sulla rumorosa Clanbrassil street la mia attenzione è stata deviata verso una teoria di carte bianco rosso verdi che occupavano in ordine molto sparso l’ingresso di un palazzo. Volantini pubblicitari abbandonati. Prima di raccoglierne una come saggio sono riuscito a leggere il titolo circondato dalle bandiere tricolore: Silvio. No, anche qua: una strategia persecutoria in atto, non c’è dubbio. Il cartoncino pieghevole pubblicizzava un nuovo take away, pizza ovviamente. Silvio, si capisce, è il nome del “ristorante”. Il bianco rosso verde un’operazione di marketing, forse balorda forse visionaria comunque molesta. C’è perfino un sito www.silvio.ie, che in verità tratta prodotti per la ristorazione fish & chips, niente pizza a prima vista, e pare riferito a un tale – vero? – Silvio e figli, probabilmente di origine italiana, come molti nel business del fish and chip. O forse è solo una trovata pubblicitaria, a giudicare dall’improbabile cognome Rabbitte. Destini impensati.