Run Alpe Adria: “extra-comunitari” non ne vogliamo

 Run-Alpe-Adria-LOGO-END-979x1024E’ una curiosa interpretazione di internazionalità quella degli organizzatori della Run Alpe Adria, manifestazione podistica che unisce le maratone di Trieste, Klagenfurt e Lubiana. Gli organizzatori della neonata competizione internazionale “unica al mondo” – come sottolineano nelle note di presentazione – hanno creato un sito, www.run-alpe-adria.com, con poche informazioni in inglese e l’invito a consultare i siti nelle tre lingue di riferimento (italiano, tedesco, sloveno).

Nella pagina in italiano si legge che “L’iscrizione al Run Alpe Adria riservata agli atleti comunitari ed è gratuita”. Dunque, se sei un corridore appassionato, vivi da vent’anni a Trieste o Udine e ami la tua città d’adozione ma non sei in possesso della cittadinanza di un paese membro dell’Unione Europea non puoi gareggiare. Semplice. Per converso, se vivi puta caso a Rovaniemi, capoluogo della regione lappone della Finlandia, non hai mai messo piede a Trieste, Klagenfurt o Lubiana, e a malapena sai dove queste città sono collocate sulla mappa, hai pieno diritto di iscriverti alla Run Alpe Adria. Fantastico. Continua a leggere

Quando le catene le faceva lui. C.E. Melzi e la Weissenfels

Sollecitato da diversi frequentatori di questo blog, che si erano infruttuosamente rivolti all’archivio online di Linus per rintracciare il mio articolo su Carlo Emanuele Melzi (credo sia andato perso nella ristrutturazione del sito del mensile), ho deciso di ripubblicarlo qui nella sezione “Inchieste”. Ci ho messo un po’ a decidermi perché avrei voluto pubblicare la versione originale lunga circa 21mila caratteri, ma deve essere rimasta in qualche dischetto o cd o nel vecchio computer. Comunque, ho trovato la versione pubblicata da Linus nel maggio 2004, lunga 14mila caratteri. E’ un articolo a cui sono particolarmente legato, perché cerca di portare un po’ di luce sulla controversa storia di questo imprenditore e politico che per circa 30 anni è stato la persona più potente nel nord-est italiano. Una figura che è ancora avvolta in un manto di intoccabilità, almeno in Friuli Venezia Giulia e per gli organi di stampa locali in particolare. Buona lettura.

Cento, mille Pierre Falk

Non credo negli eroi, quelli noti sono quasi tutti frutto di perizia agiografica al servizio dei miti nazionali, e da morti fanno molti danni. Però ci sono persone che si stagliano fra le altre per comportamenti straordinari, straordinariamenti positivi. E ci sono persone che la storia ufficiale non trasformerà mai in eroi ma che con le loro azioni si guadagnano il rispetto e l’ammirazione di molti. Pierre Falk è uno di questi. Da quanto si può leggere sul sito del Daily Mail, Pierre Falk da sei anni aiuta disinteressatamente i disperati che arrivano a Calais con l’intenzione di raggiungere la Gran Bretagna ma si trovano bloccati dal muro di controlli e leggi anti-umane. “La mia piccola casa (“This House is your Home”) è un tempo di pausa e riposo dove sono possibili delle cose ELEMENTARI e VITALI: sedersi a un tavolo per mangiare; dormire, lavarsi, andare al bagno; essere protetti dalla pioggia, dal freddo, dall’angoscia; guardare un mappamondo, scambiare delle informazioni (…)”, così spiega in un articolo pubblicato sul sito www.millebabords.org. Ora che la sua storia è diventata pubblica probabilmente Pierre verrà perseguito dalla legge, portato in un tribunale e condannato come un criminale. Ma per me rimane una bella persona. Gli eroi li lasciamo volentieri ai libri di scuola e ai musei.  

 

 

E via col test del DNA

Il Senato francese (la seconda Camera, con poteri ridotti rispetto all’Assemblea nazionale) ha approvato ieri il progetto del governo che introduce il test del DNA per gli immigrati, in particolare per i ricongiungimenti familiari. E’ un passo di forte valenza simbolica, perché avviene in Francia, il paese che ha insegnato a quasi tutti come mettere in piedi uno stato democratico fondato sullo stato di diritto. E’ un passo pericoloso, un precedente che peggiorerà le relazioni tra paesi e culture del nord e del sud del mondo. Ci ha messo veramente poco tempo Sarkozi a far vedere di che pasta è fatto. Un articolo di Liberation qui

Chi è fuorilegge?

Se provaste a spiegare a un cittadino qualsiasi, una persona rispettosa delle leggi, uno di quelli convinti che se tutti facessero il proprio “dovere” le cose funzionerebbero al meglio, che basta un po’ di buon senso, di onestà e rettitudine perdio! (se queste caratteristiche vi sembrano appropriate per i seguaci di beppe grillo non posso farci niente, non è quello l’obiettivo del mio discorrere), se a questo tipo di persona, che rappresenta la grande maggioranza della penisola e forse anche del resto del mondo, cercaste di spiegare che nei nostri ricchi e bei paesi esistono delle isole di totale illegalità, dei luoghi dove si compiono violenze illegittime e reiterate che fanno scempio delle stesse leggi che ci impegnamo quotidianamente a rispettare, beh, quel bravo cittadino vi prenderebbe per pazzo.

Eppure proprio a casa nostra, ovunque in Europa e in tutti i paesi del mondo dove c’è un po’ di ricchezza “da difendere”, esistono i “campi per migranti”. Sono strutture al di fuori della legge: sono delle prigioni ma chi vi è detenuto non ha i diritti che hanno i normali detenuti. Non essendo normali prigioni non ci sono regole precise, vengono gestite secondo l’inclinazione e le capacità di chi si trova a gestirle in quel momento. L’unico principio valido è che chi finisce dentro deve rimanerci finché non viene deciso altrimenti. Il “reato”? E’ per tutti lo stesso: trovarsi in un paese senza la carta giusta in mano. Quella carta, il permesso, la visa, il visto, il documento che autorizza la presenza, che identifica la persona, che la rende qualcuno di fronte al mondo, è il rovello di milioni di vite dagli Stati Uniti alla Grecia, dall’Italia all’Irlanda. Gli stati studiano i meccanismi più astrusi per rendere complesso l’ottenimento di quella carta, ne distinguono varie, creando vari livelli di legittimità, diversi gradi di umanità, perché, come dice Giorgio Agamben, nell’epoca attuale i diritti universali dell’uomo sono stati soppiantati dai diritti del cittadino. Sul piano dei diritti, se non sei cittadino non sei uomo. Per essere cittadino devi avere la carta giusta, oppure ne puoi avere una giusta solo in parte, un permesso temporaneo, e quindi sei un uomo a metà o a un terzo…

Nel sito di un’associazione che si chiama Migreurop ho trovato la mappa aggiornata al 2005 dei campi per migranti esistenti in Europa. Ci sono molte informazioni interessanti per capire quanto le procedure siano simili nei paesi della fortezza Europa. Per non pensare il peggio di noi europei basta però dare un’occhiata a cosa succede in Australia, per esempio leggendo un rapporto sulla condizione dei bambini migranti detenuti in zone remote di quell’affascinante paese…

Comunque, ciò che conta è parlare delle pensioni. Non perdiamo di vista le cose importanti.

La fortezza si allarga e uccide

Un articolo di El Pais mi ha raccontato una storia che mi era sfuggita o forse era proprio stata tenuta in disparte dai media nelle scorse settimane. Una donna cecena ha perso tre dei suoi quattro figli cercando di entrare illegalmente in Polonia attraverso i boschi che questo paese condivide con l’Ucraina. Il fatto è successo ai primi di settembre. La donna era partita da una località a 20 chilometri da Grozni pagando duemila euro a qualcuno che le aveva promesso di portarla in Europa, nel “paradiso” dell’Europa occidentale. Lasciati nei boschi dell’Ucraina, vestiti con indumenti estivi e senza cibo, la donna e i suoi bambini si sono persi, la donna ha portato con sé il più piccolo andando a cercare aiuto ma al ritorno ha trovato gli altri tre morti assiderati. Quante volte ancora dovremo leggere storie di questo tipo? Sono storie simili a quelle che i giornali italiani riportavano alla fine degli anni ’40, quando emigranti italiani lasciavano la pelle sulle montagne al confine con la Francia cercando di raggiungere illegalmente quel paese. Sono passati sessant’anni eppure si ripetono. La nuova frontiera dell’Unione europea ad est sarà sempre più spesso causa di notizie come questa. E poi, lontani da occhi indiscreti dei mass media e delle organizzazioni umanitarie alcuni paesi gestiscono i nuovi (per loro) problemi delle migrazioni coi modi spicci della forza bruta. Poco si sa di quello che avviene per esempio in Ucraina, principale area di transito per chi cerca di entrare in UE attraverso la Polonia. Al Forum Economico Internazionale svoltosi proprio in Polonia ai primi di settembre (in una località lontana appena duecento chilmetri da dove la donna cecena ha perso i suoi figli) si è parlato anche di questo. In quell’occasione ho intervistato il direttore dell’agenzia europea per il controllo delle frontiere, Frontex, un ente che affronta il problema sul piano “organizzativo”, cioè puramente militare, per dirla in parole semplici. Una conversazione utile per capire cosa succede e succederà con l’allargamento della UE e come le istituzioni europee non abbiano altra risposta che quella poliziesca. Ho proposto l’intervista a due giornali italiani (il Manifesto e l’Espresso): risposta? Silenzio. Troppo lontane le nuove frontiere ad est per il pubblico italiano.

 

 


I confini fanno bene!

I confini fanno bene ai tedeschi (e non solo a loro). I confini contaminano, frantumano, scompongono il castello di principi-idee-valori-tradizioni che gli stati nazionali si impegnano tenacemente a costruire sulla pelle dei loro cittadini. Gli stati fissano i confini, li difendono, ma poi questi finiscono per render pubblica e ancor più evidente la loro precaria essenza. Provate a girare la Germania da sud a nord e poi fate un salto a Saarbruecken, città al confine con la Francia che nella storia degli ultimi secoli è stata spesso oggetto di contese tra i due paesi soprattutto per le sue risorse minerarie. Devi arrivare qui per trovare gente che sorride, e senza una quota di birre in corpo. Entri in un ristorante turco e trovi la signora più accogliente e luminosa che puoi immaginare. Se anche i turchi sorridono, e di solito non ne hanno molte ragioni in Germania, beh, deve trattarsi di un posto particolare. A parte l’impressione epidermica di dolcezza, che contrasta con il declino economico subito dalla regione negli ultimi anni, a Saarbruecken si trovano spunti utili al progetto “A due passi” che io e Bibi abbiamo avviato un paio di anni fa. Strade dai doppi nomi, francesi e tedeschi, strade che fino a un certo punto sono un paese e poi ne diventano un altro. Poi parli con vecchi emigranti e figli di emigranti e scopri anche altro. Ti raccontano di ragazzi di terza generazione (nipoti di immigrati italiani) che non hanno la cittadinanza tedesca e neanche sono interessati a richiederla perché tanto “per i tedeschi rimani sempre uno straniero anche se hai la cittadinanza”. Storie che hai sentito e risentito (avete dato un’occhiata alla nazionale di calcio turca? Metà sono giocatori nati e residenti in Germania) ma che ascoltare dalla viva voce di nipoti di immigrati italiani, bianchi-cristiani e pure non-meridionali, che ha il suo peso a queste latitudini, fa un effetto ancor più forte. Comunque, la nuova legge per la cittadinanza in Germania ha abbassato a otto anni i tempi di residenza per poterla richiedere, in Italia sono dieci e nella prassi anche qualcuno di più. Ogni paese ha i suoi inghippi legislativi e le migrazioni hanno il pregio, se così si può dire, di metterli in luce e di metterne a nudo le assurde ragioni.

 

 

Novità e propositi

Ho aggiunto due nuove pagine, Articoli e Libri. Nella prima ho inserito un articolo uscito nel 2003 su una – oggi defunta – rivista di cultura friulana: è un reportage su di un luogo di confine singolare, la Valle dello Judrio, in provincia di Udine e una riflessione sulla assurda normalità dei confini. Questo breve “viaggio” è stato lo spunto per la realizzazione del video “A due passi”, che insieme a Bibi abbiamo girato nel 2004 e si può vedere QUI.

Nella sezione Articoli metterò di volta in volta cose uscite su vari giornali e che non sono reperibili altrove. Ogni tanto (ogni tanto) capita che qualcuno mi chieda di un articolo uscito su di un giornale che non ha fatto in tempo a comprare oppure di cui ha saputo tempo dopo l’uscita. Di solito in questi casi mi premuro di inviare un file via email, ora grazie al blog potrò avere un archivio sempre disponibile. E’ un bel passo in avanti. Ho in parcheggio un paio di articoli (un’inchiesta e un reportage) che i giornali per cui li avevo scritti non hanno ritenuto di pubblicare. Cose che capitano. Presto li inserirò nel blog e mi toglierò qualche sassolino dalla scarpa.

Nella sezione Libri metterò delle recensioni o commenti ai miei libri. E’ una piccola forma di “autopromozione”, ma anche questo è qualcosa che mi è stato in qualche modo sollecitato dagli eventi. Spero il blog possa essere utile. I commenti sono i benvenuti. Qualcuno mi ha chiesto di inserire le tag, qualcun altro di mettere delle link. Farò tutto, ma sto imparando ora come gestire un blog e non è facile, ho già la mia età. Vi lascio con un omaggio a un uomo che riesce sempre a illuminare la mia giornata, Billy Childish. ciao