Gay nel calcio? Nooo! Parola di Lippi

Marcello Lippi è una figura da restaurazione, non a caso il suo ritorno alla guida della nazionale ha segnato la chiusura del “nuovo corso” provocato da calciopoli.  Della serie, via le facce nuove e spazio alle vecchie. Si vanta di essere estimatore di Luciano Moggi, tanto per dire. Insomma, c’era già abbastanza per rendermelo antipatico. Ora, in un’intervista ha dichiarato che  nel calcio i gay non esistono. Che coraggio. Cioè, quest’uomo è la persona più in vista di un movimento sportivo che coinvolge più di quattro milioni di praticanti e se ne esce con dichiarazioni da bar di paese, un pessimo bar di un pessimo paese. “Credo che tra i calciatori gay non ce ne siano. In 40 anni di carriera non ne ho mai conosciuti né mai me ne hanno raccontato”, una pillola del suo pensiero. E più avanti, ‘allarga’ lo sguardo ad altre ‘diversità, giusto per rendere ancora più miseranda la sua visione della società. “Credo che al mondo esista una sola razza, quella umana. Per questo non escluderei un gay, come un nero, dalla Nazionale”. Vorrei ben vedere, Marcello. Per quanto riguarda i “neri”, poi, forse non ti sei accorto che la società cambia, è cambiata negli ultimi venti anni. Sarebbe il caso di abbandonare certe categorie – “noi”, “loro” – riferite al supposto diverso, il gay come l’immigrato, oppure abbandonare il campo e ritirarsi a vita privata.

Non sono al corrente di molte storie reali su questo tema ma di almeno una sì, che forse al macho Lippi farebbe bene conoscere. E’ la storia di Justin Fashanu, calciatore inglese nato nel 1961 e morto tragicamente nel 1998. Fashanu (fratello del forse più noto John, anch’egli calciatore in passato) fu il primo calciatore professionista a dichiararsi apertamente gay. Era nero e pubblicamente gay. La sua storia, caro Marcello, non è così marginale nella storia del calcio, non è nota a pochi ‘esperti’ o appassionati. Nella voce che l’Encyclopedia Britannica dedica a Justin Fashanu si ricorda che per il suo trasferimento il Nottingam Forrest nel 1981 sborsò un milione di sterline, al tempo la cifra più alta mai pagata per un calciatore nero. Era un calciatore molto promettente e il fatto di non essersi nascosto, ma anzi di aver voluto sfidare il mondo del calcio professionistico lo portò alla rovina. Venne ostracizzato ed emarginato. Peregrinò in varie squadre importanti, tra cui Manchester City e West Ham oltre al Nottingam, passò poi in Svezia, in Australia, in Canada e infine negli Usa. Si suicidò a 37 anni dopo essere stato accusato da un ragazzo di aver abusato di lui. Le indagini della polizia rivelarono che le accuse erano infondate.