Il mondo dei piedi freddi

La copertina sembra fatta apposta per esaltare l’umore: una bicicletta interamente dipinta di giallo, appoggiata al muro di un edificio in quello che appare il centro storico di una città. Ma è il contenuto del libro che offre una scossa di entusiasmo all’inguaribile insicuro che è in me. Sul sito dell’editore statunitense Heinle Cengage Learning è stata pubblicata la scheda di presentazione della nuova edizione di Da Capo, popolare grammatica della lingua italiana utilizzata nelle università nordamericane. Ognuno dei 14 capitoli in cui si articola il libro include un brano per le esercitazioni grammaticali. Il capitolo 7 segnala “Il mondo dei piedi freddi” tratto dal libro La mia casa è dove sono felice. E’ una notizia piacevole che spero possa raggiungere anche Ndiaga Niang, il protagonista del racconto (ciao Ndiaga, ovunque tu sia in questo momento).

Io non so

Un giorno di caldo afoso. Le parole mancano, almeno dentro di me. Mariangela Gualtieri è una voce preziosa. La (mia) mancanza di parole è una benedizione.    


Io non so o forse non voglio consegnarmi negli uffici del mondo

e stare buono nelle sale d’aspetto della

vita, e poi non so se questo fatto

di essere un corpo umano e terrestre

questo definitivo stato,

non so se io l’ho mai chiesto in un certo

momento fuori dai momenti terrestri,

e tutto il prima e il dopo non so se premono

per scherzo stritolando questo breve

spazio della vita. Io non so niente altro

che la vita e molte nuvole intorno che

me la confondono me la confondono e non

so cosa aspetto, cosa sto aspettando in questo

sporgermi al tempo che viene, io non so

e vorrei, vorrei, non so stare

fuori misura, fuori misura umana,

fuori da questa taglia finita. Io non so

perché mi ammalano con le

parole della bellezza e poi mi tengono in

questo territorio calcolato,

nella foto di gruppo, dentro la pellicola

insensata.

Mariangela Gualtieri, Parsifal (Teatro Valdoca, 2000)

Le biciclette pubbliche di Dublino

Un nuovo contributo per la rubrica “ll cortile di Max”  su ilikebike.org

Da alcune settimane a Dublino sono comparsi degli elementi urbanistici nuovi. Al principio mi sono chiesto cosa fossero quei piccoli parallelepipedi alti quanto un fusto di birra, posti in fila uno accanto all’altro a gruppi di dieci o venti. Nell’anticamera del cervello ha fatto timidamente capolino una spiegazione: vuoi vedere che anche a Dublino mettono le bici pubbliche, sulla scia di altre capitali, tipo Berlino e Parigi e molte città europee? No, non è possibile, hanno detto gli uscieri del cervello, bloccando l’entrata all’intruso incosciente: è un pensiero balordo. Questa città è di suo poco gentile con la bicicletta, già è difficile pedalarvi per i militanti del ciclo, mica gli amministratori si metteranno in testa di buttare in strada sulle due ruote degli ignari turisti? E invece. E’ proprio così, da settembre Dublino avra le sue velobis. A dire il vero quelle dublinesi non hanno ancora un nome accattivante ma il loro destino è ormai scritto. Continua a leggere