Non capisco perché se c’è la neve le auto possono circolare ma le bici no. Così ho deciso – non in solitudine, va detto – che circolo anch’io. Siamo in pochi, ma ci siamo. Non importa se le corsie ciclabili sono scomparse, adottate al facile ruolo di bacino di raccolta per la neve spalata. Anzi, proprio per questo motivo, un gesto di orgoglio ciclistico impone che si circoli sulla strada, quella vera, quella grande. E se l’automobilista incalza, nervoso e disturbato, che vada a quel paese. Non c’è il suo timbro di proprietà sulla strada. Democrazia di circolazione, ecco quello che ci vuole.
Purtroppo, a rovinare la festa ci si è messa Sparta. Io non ci sto, mi ha fatto capire, allungando ancor di più il suo già lungo manubrio come fosse il collo di un’elegante signora che guarda tutti dall’alto in basso. Sparta è così, pur maltratta dalla vita metropolitana, con visibili i segni del suo accidentato vissuto tra vie e marciapiedi, non vuole perdere un’oncia del suo rango. Le mie ruote sono troppo grandi e sottili per questo tipo di esperienza. Non sono fatta per il fango, la neve poi, da dove vengo io di neve in strada non ne ho mai vista. Chi può darle torto? Sparta non è venuta al mondo per assecondare istinti combattivi del ciclista urbano, men che meno per sostenere l’imberbe spirito di avventura travestito da senso civico di un adulto di passaggio. E così si è ritratta. Io resto qui, ha annunciato. Alla scena ha assistito Atlas, l’ultima arrivata della sbilenca ciclo-scuderia dublinese. Ancora convalescente, non in grado di procedere e nemmeno di condurre il ciclista in un piccolo giro di cortile, non ha potuto dire nulla. E’ rimasta muta, osservatrice di una piccola sceneggiata in cui non ha parte né ruolo alcuno. Ancora sogna dei nuovi bulloni, bulloni esotici come lei, introvabili a queste latitudini. A pensarci, ai bulloni mancanti, soffre: è invevitabile che soffra. Le ricordano in ogni momento la sua condizione di estraneità, uno stato di esilio insopportabile.
Ma quindi, se Sparta si chiama fuori e Atlas è indisponibile, chi sosterrà la mia sfida all’automobilista natalizio sull’asfalto ubriaco di neve? E’ la piccola Peugeot, una mountain bike da donna che non disdegna di indossare copertoni larghi. Pare una ragazza sbarazzina con scarponi da montagna e berretto di lana d’altri tempi. Peugeot non si fa pregare, è anche ben disposta verso le improvvise manovre dettate dalle strisce di neve e ghiaccio che segnano la via. Non si fa intimorire dal marciapiede stile pista da slittino. Asseconda l’incosciente pilota con la destrezza del novizio lusingato dall’invito ad un’impresa “da grandi”. Il connubio funziona. La neve non ci fa paura.