Il blog (si) è spento

Cari lettori, amici, passanti occasionali,

tra poco questo blog celebrerà, per modo di dire, dieci anni di vita. Venne infatti inaugurato nel luglio del 2007. Mi pare un’occasione opportuna per annunciare la sua fine. Non si tratta di chiusura, ma di una più prosaica ‘fine’. Per chiusura intendo lo smantellamento del blog con un semplice ‘clic’; la sua rimozione dalla rete. Per fine intendo quello che, in pratica, è già avvenuto, progressivamente, nel corso degli ultimi mesi e anni. Il blog ha esaurito la sua spinta più o meno propulsiva, e forse la sua funzione. In altre parole, non ho lo stesso slancio che avevo tempo addietro nel condividere con la ‘rete’ le mie riflessioni, osservazioni e occasionali deliri. Quindi ho deciso di tirare una linea e guardare oltre. Tuttavia, non lo rimuoverò, almeno per il momento. La rimozione sarebbe un gesto drastico, che non mi sento di fare. Troppa durezza non mi si confà, particolarmente in questa stagione della mia vita. I contenuti rimarranno lì per chi li vorrà leggere, finché la rete li vorrà tenere, in attesa di un corto-circuito globale che manderà nel pallone tutti i blog, le nostre caselle di posta elettronica e i profili sui social media.

Oggi fare blog è un mezzo per vendere qualcosa. Vendiamo noi stessi. Così insegnano nei corsi universitari o para-universitari di ‘business’ o di qualsiasi cosa, visto che tutto è mercificato e reso vendibile. In questi corsi spiegano che il blog non è altro che un anello in una serie di presenze digitali che includono gli onnipresenti social media e altre amenità digitali. Il blog, per essere tale e assolvere alla funzione che immanentemente gli è assegnata, ha bisogno di un tema specifico e di una missione. La missione è già data: raccogliere clic. Il tema specifico è frutto della scelta, che tanto libera non è.

Così la neomamma con qualche ora a disposizione aprirà un blog sul ruttino post-prandiale, con link e riferimenti a tutto lo scibile su questa affascinante e vasta materia. Raccoglierà visite, creerà attenzione a certe tecniche per affrontare un ingiustamente ignorato dramma infantile e, oplà, potrà condividere con i suoi lettori/lettrici che nel frattempo son diventati amici (siamo tutti amici nell’epoca dei social media!) degli utilissimi prodotti di cui solo lei ha conoscenza. Va da sé che quei prodotti sono offerti da una gentilissima azienda che opera trasversalmente nel settore dei medicinali e in quello dei detersivi – sempre chimica è.

Lo studente di letteratura medioevale sassone proporrà online un sistematico riciclo di materiali pubblicati altrove, in varie lingue, rimaneggiati alla viva al parroco, ma scritti in linguaggio immediatamente comprensibile e apprezzato alla generazione degli smartphone (nonni inclusi). A rendere produttivo il suo impegno sarà la capacità di inventare notizie/storie da una materia all’apparenza polverosa e spenta. Ecco allora un post, corredato da immancabile foto, sull’antenato di Brad Pitt che nel rigido inverno di Schwering, al lume di una candela, trascriveva in vernacolo delle piccanti poesie dedicate alle perpetua. La foto ritrae un vecchio sensale della Bassa Slesia, ritratto nel 1901 mentre al mercato dei buoi di Breslavia riportava in un quadernino le quantità di capi passati di mano in una giornata. Mancando di foto originali dell’antenato d Brad Pitt il nostro attivissimo blogger non si è dato per vinto e con la destrezza tipica dei migliori nativi digitali ha scovato in rete la foto in bianco e nero di un vecchio che scrive in qualche luogo che non sia solare e caldo, perché non si dà che il Medioevo possa essere solare e caldo. Una foto che molto verosimilmente richiama l’immagine del xnonno di Brad Pitt. Viviamo in una realtà verosimile, e nessuno dei lettori del blogger si chiederà se quel vecchio della foto sia veramente l’xnonno di Brad Pitt. A chi importa? Il flusso di contatti creato dall’agile blogger nell’agilissimo blog sulla letterature medievale sassone porterà un numero interessante di clic. Seguirà un libro, la collaborazione con altri blog temporaneamente autorevoli, e l’invito a presenziare all’inaugurazione della Taverna del letterato sassone, un locale raffinato per dotti divoratori di wurstel.

L’ex parroco goloso si dedicherà alla coltura digitale della farina integrale utilizzata per fare le ostie e creerà un blog dettagliatissimo, ma comunque agile, come insegnano in tutti i corsi di auto-promozione, sui vari modi di preparare le ostie. Nel blog ci saranno anche ricette, le ricette sono molto popolari e attirano clic come il letame fresco fa con le mosche: spezzatino di agnello all’ostia marinata nel vin bianco; ostiadelli alla puttanesca (ostie arrotolate come si fa o si faceva coi filtrini per le canne); seitan verdurioso con ricamo di ostia sciolta nel burro (o margarina, nella versione vegana, de gustibus). L’ex prete diventerà presto una star della rete e verrà invitato in tv in uno dei numerosi programmi culinari. Anzi, gli offriranno uno spazio tutto per sé sul canale digitale 666. La nuova star della cucina a ispirazione religiosa avrà alfine redento la sua immagine macchiata da quei “peccatucci” così frequenti tra i santificati animatori di giovani anime che lo avevano fatto allontanare dalla chiesa.

Insomma, c’è di che divertirsi a tenere un blog di questi tempi. Basta avere inventiva e la chiara coscienza che viviamo in un ologramma. Lo spettacolo ci ha avvolti completamente e non ci abbandona mai. Evviva lo spettacolo. Ma dov’è l’uscita? Ma c’è un’uscita?

 

Un giornalista comunista e la segregazione razziale nello sport USA

Anche chi non è attratto dal baseball o dallo sport in generale, ma coltiva almeno un pallido interesse per questioni sociali e politiche cruciali del ventesimo secolo, dovrebbe aver qualche familiarità con la storia di Jackie Robinson.  Il 15 aprile del 1947 Robinson, allora ventottenne, faceva il suo esordio nella Major League Baseball (MLB), il principale campionato professionistico di baseball degli Stati Uniti. Tesserandolo, la sua squadra, i Brooklyn Dodgers, rompeva una regola non scritta ma applicata dalla fine dell’ottocento in quello che era considerato lo sport nazionale: i neri non possono giocare con i bianchi.

Negli anni, la storia di Robinson è diventata tema di film, libri, canzoni e spettacoli teatrali. A lui sono dedicati stadi, strade, parchi e perfino un asteroide (4319 Jackierobinson). Infine, nel 1997 la MLB ha ritirato il numero 42 indossato da Robinson da tutte le squadre del campionato, la prima volta che una tale decisione è stata presa per un giocatore. Il recente caso di Colin Koepernick, escluso dal campionato di Football Americano (NFL) per le sue prese di posizione a sostegno del movimento Black Lives Matter, ci induce a pensare che molto ancora rimane da fare per l’uguaglianza nello sport statunitense, ma non c’è dubbio che la realtà per gli afro-americani era radicalmente diversa nel secondo dopoguerra.

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Cosa capiscono di calcio alla Rai?

Da Il Manifesto, 27 Dicembre 2017

Razzismo in tv. La brutale insensatezza del messaggio che alcuni commentatori del servizio pubblico diffondono

Il 13 dicembre scorso la Rai trasmetteva in diretta la partita di Coppa Italia di calcio tra Fiorentina e Sampdoria. Accanto al telecronista sedeva l’ex calciatore Eraldo Pecci, in qualità di commentatore. Sul risultato di 2-1 per la squadra ospitante, Pecci si è avventurato in una riflessione che di tecnico aveva poco, ma che rifletteva la sua visione del mondo e di come le persone ci vivono. Partendo da un errore di gioco commesso da un giocatore di origine africana, Pecci ha esposto un pensiero scioccamente razzista. Il cronista accanto a lui ha fatto finta di nulla, forse condividendolo.

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Gladio, il Partito della Nazione e il revanscismo dalle braghe corte

Alcuni giorni fa ho ricevuto nella mia casella di posta elettronica un invito alla presentazione di un libro su Gladio. L’invito era partito dal deputato del PD Giorgio Zanin, nell’occasione qualificato anche come “presidente dell’Associazione Centro di Documentazione e Ricerca sulla Guerra Fredda”. Tutti elementi di interesse, ma del libro in sé, purtroppo, si diceva poco. Nel suo messaggio, Zanin si dilungava a spiegare cos’era stata la Guerra fredda – “Una vita che ci vedeva divisi da muri, anche qui nel nostro Friuli Venezia Giulia. Muri non solo evidenti o di separazione dei confini, ma anche muri interni alla società e alla politica” – e sottolineava  che il libro “ripercorrendo le tappe di quella che è stata la storia italiana degli ultimi 70 anni, pur sviluppato sul piano della finzione narrativa, si basa su fatti assolutamente reali e documentati”. Il libro in oggetto si intitola “La strategia del gatto – Il più grande mistero italiano della guerra fredda”, scritto da Laura Sebastianutti e Franco Tosolini (Eclettica edizioni).

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Antirazzisti nella Polonia della destra clericale*

L’associazione Never Again, che monitora gli episodi di xenofobia e anti-semitismo, denuncia l’escalation degli ultimi anni: «È molto difficile contrastare il razzismo negli stadi quando le stesse autorità sportive sostengono certi atteggiamenti. Vedi il caso Zbigniew Boniek»

Max Mauro

La questione rifugiati è lo specchio della crisi culturale delle democrazie europee. Mentre l’Italia del centro-sinistra inaugura la criminalizzazione delle ong impegnate nel Mediterrano nel salvataggio di vite, alcuni paesi dell’ex blocco sovietico si rifiutano di accogliere anche un solo rifugiato. Capofila è la Polonia, dove il governo guidato dal partito Legge e Giustizia promuove apertamente ostilità verso gli immigrati e le minoranze, mentre porta avanti riforme che compromettono le basi democratiche, come la recente legge approvata dalla camera bassa che mira ad assoggettare la corte suprema all’esecutivo.

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Brexilandia #01 – Di tagli, università, e biblioteche senza libri (di carta)

Poco prima dell’estate è arrivato nella mia casella di posta una email da una delle bibliotecarie più premurose, ormai, ahimè, prossima alla pensione. Informava il personale dell’università che la direzione della biblioteca stava per prendere una decisione radicale. Dal nuovo anno accademico la biblioteca non terrà più giornali in formato cartaceo per i quali è in essere un abbonamento digitale. Un passaggio semplice, dettato dalla necessità di tagliare costi considerati superflui. La bibliotecaria presentava cifre e dati a supporto della decisione. Gli studenti non leggono i giornali cartacei, che rimangono il più delle volte intonsi sugli espositori. L’università spende molte migliaia di sterline per garantire l’accesso agli archivi digitali di centinaia di periodici.

Ho ripensato a quante volte mi è capitato di sfogliare un giornale in biblioteca negli ultimi anni, forse appena due o tre. Passo davanti all’espositore, lo sguardo mi cade su di un titolo o una foto, mi dico “ora mi fermo”, ma non lo faccio, preso dalla perenne fretta di dover fare qualcosa. E’ la dannata psicologia dell’homo economicus, costretto a credere che il suo tempo abbia sempre un valore, una dimensione produttiva. Qualcuno l’ha opportunamente chiamata “psicologia neoliberista”, ed è pervasiva come la nebbia in Valpadana nelle mattine d’inverno, e ne sono vittime anche coloro che cercano consciamente di opporvisi. Però vedere le copie cartacee dei giornali mi dà una sensazione protettiva, come di un mondo che ci appartiene e che ci ha fatto crescere e che dal quale non ci si vorrebbe mai separare.

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Canta il sogno del mondo – D.M. Turoldo

 

Ama

saluta la gente

dona

perdona

ama ancora e saluta

(nessuno saluta

del condominio,

ma neppure per via)

 

Dai la mano

aiuta

comprendi

dimentica

e ricorda

solo il bene.

 

E del bene degli altri

godi e fai

godere.

 

Godi del nulla che hai

del poco che basta

giorno dopo giorno:

e pure quel poco

-se necessario-

dividi.

 

E vai,

vai leggero

dietro il vento

e il sole

e canta.

 

Vai di paese in paese

e saluta

saluta tutti

il nero, l’olivastro

e perfino il bianco.

 

Canta il sogno del mondo:

che tutti i paesi

si contendano

d’averti generato.

David Maria Turoldo, O sensi miei… Poesie 1948-1988, BUR.